Attaccamento e DCA
Le ricerche sui modelli di attaccamento in pazienti con disturbi alimentari mostrano risultati piuttosto concordi: in tali pazienti infatti si rileva un attaccamento insicuro e una presenza di lutti e traumi non risolti (Main et al; 2008). In particolare, l’anoressia nervosa di tipo restrittivo si associa con un modello di attaccamento evitante e distanziante, mentre l’anoressia nervosa di tipo bulimico e la bulimia nervosa si associa al modello di attaccamento preoccupato o ansioso (Canderoli et al, 1998-1;; Ammainiti et al., 2004). Di contro tali risultati sembrerebbero non omogenei per campione, mancanza di dati su trattamenti psicoterapici in corso e presenza o assenza di altre patologie in comorbilità. (O’Brein et al., 2003; Maraňon et al ., 2004).
Di seguito riporteremo alcune evidenze sperimentali a sostegno della correlazione tra attaccamento insicuro e disturbi della condotta alimentare.
Nei bambini con attaccamento insicuro distanziante sono comuni delle idealizzazioni della figura genitoriale, delle svalutazioni di tale figura e di se stessi e, spesso se interrogati, una mancanza di ricordi di episodi che risalgono alla prima infanzia. L’insieme di tali atteggiamenti vengono evidenziati in soggetti con DCA ma non nei gruppi di controllo (Goeorge et al, 1985; Hesse, 2008). In particolare utilizzando l’Adult Attachment Interview (AAI) si evidenzia una correlazione positiva tra i punteggi di idealizzazione e la diagnosi di DCA, concludendo che gli standard eccessivamente elevati e distorti, la tendenza al perfezionismo, presente nei pazienti con DCA, vengono applicati al cibo, al peso e alla forma corporea così come alle figure genitoriali (Caravanna et al.,2010). Tramite l’idealizzazione l’infante riesce a costruirsi e mantenersi una identità stabile; in questo caso potrebbe assumere un significato difensivo, consentendo al paziente da un lato di mantenere un’immagine positiva del proprio caregiver e dall’altro di conservare una rappresentazione di se come inadeguato e non degno di amore, alimentando dunque una bassa stima nucleare che è alla base della vulnerabilità del DCA (Dalle Grave et al., 2007). I pazienti in generale descrivono la qualità delle cure genitoriali in termini più negativi se confrontati con il gruppo dei pari; i padri vengono definiti come emotivamente distanti e rifiutanti e le madri come dominanti, iperprotettive, intrusive e perfezioniste (Palmer et al; 1988; Swanson et al, 2010). Sulla stessa linea altri studi riportano che le ragazze con DCA percepiscono le proprie famiglie come meno supportive, meno flessibili e meno coese, rispetto al gruppo di controllo composto da coetanee che non sono affette da DCA (Bulik et al., 2007; Laporte et al., 2001; Bonne et al., 2003); sembrerebbe quindi che le pazienti non si sentano accolte e comprese nelle loro necessità.
Alcune fonti, utilizzando l’Attachment History Questionnaire (AHQ), evidenziano che i soggetti con DCA si sentono meno desiderati, senza un supporto emotivo valido, e provano più sensi di colpa e vergogna se confrontati con il gruppo di controllo. Inoltre si sentono più responsabili della felicità dei genitori, mostrando un confine più labile tra quello che sono le proprie responsabilità e le responsabilità dei loro genitori e confermando che spesso le madri, in particolare, essendo intrusive, coinvolgono le figlie nell’elaborazione delle difficoltà coniugali. È probabile che uno dei motivi che mantiene il DCA è la consapevolezza del paz di essere un fattore che unisce la coppia genitoriale proprio grazie alla presenza del DCA (Chassler, 1997).
Scendendo nel particolare e analizzando oltre agli atteggiamenti inerenti all’attaccamento, anche la diagnosi differenziale del DCA, Cunha ed altri autori nel 2009 hanno confrontato il tipo di attaccamento di alcune pazienti anoressiche verso i genitori e verso un gruppo di pari attraverso l’Inventory of Parent and Peer Attachment (IPPA, Armsden et al., 1987) ed hanno confrontato i risultati con un gruppo di controllo. È emerso che il gruppo sperimentale mostra una minore fiducia ed una maggiore rabbia nei confronti dei genitori. Rispetto ai pari le ragazze anoressiche mostrano una minore fiducia nell’altro, sentono i pari meno responsivi rispetto ai loro bisogni ed alle loro preoccupazioni ed esprimono più rabbia nei confronti dei pari. Gli autori concludono che lo stesso schema che viene adottato con i genitori è presente nella relazione con i pari. È da notare che tale schema è dominato dall’insicurezza, dalla sensazione di non essere capiti e appoggiati e da sentimenti di rabbia. Questo scenario dunque sarebbe in grado di spiegare, almeno in parte, la mancanza di rete sociale e di figure di riferimento importanti, caratteristiche che spesso si ritrovano nell’adolescenza e nella vita adulta dei paz con DCA.
L’insicurezza rispetto all’attaccamento, inoltre, sembra influire sul completamento del trattamento per i DCA. Tasca et al., (2004), infatti evidenziano come l’attaccamento evitante prédica il mancato completamento del trattamento da parte di pazienti con anoressia nervosa di tipo purgativo, mentre l’attaccamento di tipo ansioso ne predice l’esito positivo.
Altri lavori studiano come il sintomo interagisce con le figure di attaccamento e modifica la relazione tra genitori e figli. Alcuni sintomi dei DCA potrebbero essere considerati come comportamenti finalizzati alla ricerca di vicinanza. I risultati alla Proximity-Seeking Scale (Kenny et al., 1992) mostrano che, in un rapporto in cui la base sicura è compromessa, la vicinanza emotiva è solo un’idealizzazione; i sintomi e l’aggravarsi della malattia agiscono come attivatori di un comportamento riparativo da parte dei caregiver. La loro necessità impellente diventa infatti quella di garantire la sopravvivenza, fisica e psichica, della figlia, effettuando dei comportamenti orientati ad accentuare un’intimità emotiva e fisica (Minuchin et al., 1980; Selvini et al., 1988-1998). In altre parole è come se i sintomi facessero in modo che il caregiver si accorga della figlia, la lontananza si trasformi in vicinanza e l’assenza diventi presenza.
In linea con questi risultati, recenti contributi di ricerca hanno evidenziato che paz con DCA presentano ansia da separazione e attaccamento insicuro (Troisi et al., 2005; Troisi et al., 2006). Troisi et al., (2006) ha riscontrato: in un campione di donne affette da DCA, sia anoressiche che bulimiche, una correlazione tra il grado di insoddisfazione per le forme del corpo, valutata attraverso il Body Shape Questionnaire (BSQ; Cooper et al., 1987), l’ansia da separazione, valutata attraverso il Separation Anxiety Symptom Inventory (SASI; Troisi et al., 2001) e lo stile di attaccamento insicuro, valutato attraverso l’Attachment Style Questionnaire (ASQ; Feeney et al., 1994).
I dati di Troisi, in linea con i lavori sopra citati (Caravanna et al.,2010; Fabbro et al., 2010) confermano la presenza di uno stile di attaccamento insicuro nei DCA e una mancanza di correlazioni positive significative tra il tipo di attaccamento ed i diversi sottogruppi diagnostici (anoressia vs bulimia). Si attesta invece una correlazione positiva significativa tra l’insoddisfazione per le forme del corpo e l’ansia da separazione sperimentata durante l’infanzia: tale associazione, infatti, sembra sottolineare come le esperienze precoci connesse all’attaccamento insicuro possano rappresentare fattori di rischio per una valutazione negativa di se, delle forme del proprio corpo e del peso. È plausibile supporre che questi paz, come conseguenza del proprio tipo di attaccamento, abbiano un’insicurezza che si manifesta tramite l’insoddisfazione per il proprio corpo e per il peso raggiunto; associata ad una mancata gestione delle emozioni negative questa potrebbe portare ad una condotta di restrizione alimentare. In questo senso, l’insicurezza potrebbe essere considerata un fattore di vulnerabilità rispetto all’esordio dei DCA (Troisi et al., 2006; Fabbro et al., 2010).
Ma perché l’insicurezza viene manifestata proprio sul peso, sulle forme del corpo e sul controllo alimentare?
Le ricerche sui modelli di attaccamento in pazienti con disturbi alimentari mostrano risultati piuttosto concordi: in tali pazienti infatti si rileva un attaccamento insicuro e una presenza di lutti e traumi non risolti (Main et al; 2008). In particolare, l’anoressia nervosa di tipo restrittivo si associa con un modello di attaccamento evitante e distanziante, mentre l’anoressia nervosa di tipo bulimico e la bulimia nervosa si associa al modello di attaccamento preoccupato o ansioso (Canderoli et al, 1998-1;; Ammainiti et al., 2004). Di contro tali risultati sembrerebbero non omogenei per campione, mancanza di dati su trattamenti psicoterapici in corso e presenza o assenza di altre patologie in comorbilità. (O’Brein et al., 2003; Maraňon et al ., 2004).
Di seguito riporteremo alcune evidenze sperimentali a sostegno della correlazione tra attaccamento insicuro e disturbi della condotta alimentare.
Nei bambini con attaccamento insicuro distanziante sono comuni delle idealizzazioni della figura genitoriale, delle svalutazioni di tale figura e di se stessi e, spesso se interrogati, una mancanza di ricordi di episodi che risalgono alla prima infanzia. L’insieme di tali atteggiamenti vengono evidenziati in soggetti con DCA ma non nei gruppi di controllo (Goeorge et al, 1985; Hesse, 2008). In particolare utilizzando l’Adult Attachment Interview (AAI) si evidenzia una correlazione positiva tra i punteggi di idealizzazione e la diagnosi di DCA, concludendo che gli standard eccessivamente elevati e distorti, la tendenza al perfezionismo, presente nei pazienti con DCA, vengono applicati al cibo, al peso e alla forma corporea così come alle figure genitoriali (Caravanna et al.,2010). Tramite l’idealizzazione l’infante riesce a costruirsi e mantenersi una identità stabile; in questo caso potrebbe assumere un significato difensivo, consentendo al paziente da un lato di mantenere un’immagine positiva del proprio caregiver e dall’altro di conservare una rappresentazione di se come inadeguato e non degno di amore, alimentando dunque una bassa stima nucleare che è alla base della vulnerabilità del DCA (Dalle Grave et al., 2007). I pazienti in generale descrivono la qualità delle cure genitoriali in termini più negativi se confrontati con il gruppo dei pari; i padri vengono definiti come emotivamente distanti e rifiutanti e le madri come dominanti, iperprotettive, intrusive e perfezioniste (Palmer et al; 1988; Swanson et al, 2010). Sulla stessa linea altri studi riportano che le ragazze con DCA percepiscono le proprie famiglie come meno supportive, meno flessibili e meno coese, rispetto al gruppo di controllo composto da coetanee che non sono affette da DCA (Bulik et al., 2007; Laporte et al., 2001; Bonne et al., 2003); sembrerebbe quindi che le pazienti non si sentano accolte e comprese nelle loro necessità.
Alcune fonti, utilizzando l’Attachment History Questionnaire (AHQ), evidenziano che i soggetti con DCA si sentono meno desiderati, senza un supporto emotivo valido, e provano più sensi di colpa e vergogna se confrontati con il gruppo di controllo. Inoltre si sentono più responsabili della felicità dei genitori, mostrando un confine più labile tra quello che sono le proprie responsabilità e le responsabilità dei loro genitori e confermando che spesso le madri, in particolare, essendo intrusive, coinvolgono le figlie nell’elaborazione delle difficoltà coniugali. È probabile che uno dei motivi che mantiene il DCA è la consapevolezza del paz di essere un fattore che unisce la coppia genitoriale proprio grazie alla presenza del DCA (Chassler, 1997).
Scendendo nel particolare e analizzando oltre agli atteggiamenti inerenti all’attaccamento, anche la diagnosi differenziale del DCA, Cunha ed altri autori nel 2009 hanno confrontato il tipo di attaccamento di alcune pazienti anoressiche verso i genitori e verso un gruppo di pari attraverso l’Inventory of Parent and Peer Attachment (IPPA, Armsden et al., 1987) ed hanno confrontato i risultati con un gruppo di controllo. È emerso che il gruppo sperimentale mostra una minore fiducia ed una maggiore rabbia nei confronti dei genitori. Rispetto ai pari le ragazze anoressiche mostrano una minore fiducia nell’altro, sentono i pari meno responsivi rispetto ai loro bisogni ed alle loro preoccupazioni ed esprimono più rabbia nei confronti dei pari. Gli autori concludono che lo stesso schema che viene adottato con i genitori è presente nella relazione con i pari. È da notare che tale schema è dominato dall’insicurezza, dalla sensazione di non essere capiti e appoggiati e da sentimenti di rabbia. Questo scenario dunque sarebbe in grado di spiegare, almeno in parte, la mancanza di rete sociale e di figure di riferimento importanti, caratteristiche che spesso si ritrovano nell’adolescenza e nella vita adulta dei paz con DCA.
L’insicurezza rispetto all’attaccamento, inoltre, sembra influire sul completamento del trattamento per i DCA. Tasca et al., (2004), infatti evidenziano come l’attaccamento evitante prédica il mancato completamento del trattamento da parte di pazienti con anoressia nervosa di tipo purgativo, mentre l’attaccamento di tipo ansioso ne predice l’esito positivo.
Altri lavori studiano come il sintomo interagisce con le figure di attaccamento e modifica la relazione tra genitori e figli. Alcuni sintomi dei DCA potrebbero essere considerati come comportamenti finalizzati alla ricerca di vicinanza. I risultati alla Proximity-Seeking Scale (Kenny et al., 1992) mostrano che, in un rapporto in cui la base sicura è compromessa, la vicinanza emotiva è solo un’idealizzazione; i sintomi e l’aggravarsi della malattia agiscono come attivatori di un comportamento riparativo da parte dei caregiver. La loro necessità impellente diventa infatti quella di garantire la sopravvivenza, fisica e psichica, della figlia, effettuando dei comportamenti orientati ad accentuare un’intimità emotiva e fisica (Minuchin et al., 1980; Selvini et al., 1988-1998). In altre parole è come se i sintomi facessero in modo che il caregiver si accorga della figlia, la lontananza si trasformi in vicinanza e l’assenza diventi presenza.
In linea con questi risultati, recenti contributi di ricerca hanno evidenziato che paz con DCA presentano ansia da separazione e attaccamento insicuro (Troisi et al., 2005; Troisi et al., 2006). Troisi et al., (2006) ha riscontrato: in un campione di donne affette da DCA, sia anoressiche che bulimiche, una correlazione tra il grado di insoddisfazione per le forme del corpo, valutata attraverso il Body Shape Questionnaire (BSQ; Cooper et al., 1987), l’ansia da separazione, valutata attraverso il Separation Anxiety Symptom Inventory (SASI; Troisi et al., 2001) e lo stile di attaccamento insicuro, valutato attraverso l’Attachment Style Questionnaire (ASQ; Feeney et al., 1994).
I dati di Troisi, in linea con i lavori sopra citati (Caravanna et al.,2010; Fabbro et al., 2010) confermano la presenza di uno stile di attaccamento insicuro nei DCA e una mancanza di correlazioni positive significative tra il tipo di attaccamento ed i diversi sottogruppi diagnostici (anoressia vs bulimia). Si attesta invece una correlazione positiva significativa tra l’insoddisfazione per le forme del corpo e l’ansia da separazione sperimentata durante l’infanzia: tale associazione, infatti, sembra sottolineare come le esperienze precoci connesse all’attaccamento insicuro possano rappresentare fattori di rischio per una valutazione negativa di se, delle forme del proprio corpo e del peso. È plausibile supporre che questi paz, come conseguenza del proprio tipo di attaccamento, abbiano un’insicurezza che si manifesta tramite l’insoddisfazione per il proprio corpo e per il peso raggiunto; associata ad una mancata gestione delle emozioni negative questa potrebbe portare ad una condotta di restrizione alimentare. In questo senso, l’insicurezza potrebbe essere considerata un fattore di vulnerabilità rispetto all’esordio dei DCA (Troisi et al., 2006; Fabbro et al., 2010).
Ma perché l’insicurezza viene manifestata proprio sul peso, sulle forme del corpo e sul controllo alimentare?